Chiesa di S. Agostino (XI-XII secolo)

La chiesa in origine era indicata come S. Maria dello Stincone e sorgeva in prossimità dell’incrocio di due tracciati viari: uno da valle si inerpicava lungo la costa (lo “stincone”) della collina e raggiungeva l’abitato di Rocca d’Arce, l’altro, denominato “delle vicenne”, aveva direzione est-ovest. Ricompresa nel territorio di Rocca d’Arce, presenta una facciata a capanna che, rivolta a sud, marca il confine tra detto comune e il comune di Arce. L’antico edificio (XI-XII secolo) probabilmente era il luogo di culto di un abitato situato nelle immediate vicinanze e riconducibile all’Arcis altomediaevale, sorta su un insediamento di epoca romana. Nonostante il graduale spostamento della comunità verso i più sicuri luoghi di altura, la chiesa rimase per secoli parrocchiale di Rocca d’Arce. La prima notizia risale al 1343, allorché la Regina Giovanna I di Napoli la concesse a tal Riccardo Bartolomej. Nel 1454 vi fu sepolto il governatore Isidoro Vasquez e nel 1533 il castellano Bartolomeo y Alarcon. La chiesa subì il saccheggio da parte delle truppe francesi nel 1799 e dopo un lungo tempo in stato di abbandono solo nel 1928 fu restaurata e riaperta al culto. La struttura architettonica è risolta in un unico volume e un solo ambiente interno. La facciata presenta elementi costruttivi di epoca romanica in cui il riuso di blocchi lapidei compatti, squadrati e messi in opera su corsi orizzontali e paralleli, si elevano fino alla base del timpano; quest’ultimo, realizzato con orizzontamenti di pietre rustiche, presenta una finestra tonda avente la funzione di lucernario. Il portale di ingresso vede l’impiego di un blocco monolitico di pietra a fungere da architrave, ed è sormontato da una lunetta avente la funzione di “addolcire” la severa linearità degli orizzontamenti della facciata. La costruzione era provvista di un portico a capanna a coprire lo spazio del sacrato. Le pareti laterali realizzate in pietra rustica presentano rispettivamente tre monofore e una porta. Sul retro, adiacente alla parete dell’edificio v’è la casa canonica e il campanile. L’interno della chiesa è risolto in un’unica aula in cui la superficie, strutturata in piani progressivi, asseconda il declivio del terreno. La copertura a capriate lignee è a doppia falda. Dall’ingresso principale alcuni gradini raggiungono il piano della navata: di qui altri gradini conducono al piano rialzato del presbiterio che presenta due edicole affrontate in quanto ricavate nelle pareti laterali della chiesa. Questi vani sono contornati nella parte superiore da un arco a tutto sesto in pietra calcare dal profilo aggittante e poggiante su mensole; poste dietro piccoli altari le edicole avevano la funzione di ospitare una stata o una raffigurazione sacra. Il presbiterio è dominato dalla mole di un’edicola posta al centro e al cui interno è collocato il tabernacolo. La struttura, in pietra rustica, presenta profili semplici e un’apertura frontale ad arco a tutto testo poggiante su peducci sporgenti. L’interno a botte presenta sulla parete di fondo un dipinto ad affresco che ritrae la Crocifissione con Maria Maddalena e S. Antonio Abate risalente al XV secolo, contornato da una cornice decorativa in stucco di gusto rinascimentale. Con ogni probabilità questa piccola costruzione, posta su un tracciato viario pedemontano, era preesistente alla chiesa e successivamente inglobata. Lo spazio presbiteriale retrostante questa piccola cappella è posto a un livello rialzato e presenta due edicole ricavate nella parete di fondo della chiesa. Queste strutture sono contornate nella parte superiore da un arco a sesto acuto in pietra calcare dal profilo aggittante e poggiante su mensole. L’edicola a sinistra racchiude un affresco del XVI secolo che ritrae l’effige di una Madonna in trono con Bambino e Santi. Altra struttura simile è presente sulla parete a valle, a destra dell’ingresso principale e contorna una pittura murale a finto panneggio damascato: fungente da fondale a statue o immagini sacre.

Fonti bibliografiche

P. Cayro, Storia sacra e profana d’Aquino e sua diocesi, libro I, Napoli 1808 (ristampa anastatica, Pontecorvo 1981)

F. Corradini, …di Arce in Terra di Lavoro, Arce 2004

R. Fraioli, Memorie di un paese. Le immagini di Arce nella “filigrana” della storia, Montecassino 2005

G.G. Grossi, Lettere istoriche-epigrafiche e scientifiche illustrative delle antiche città de’ Volsci indi Lazio nuovo, vol.II, Napoli 1816

Ianua Regni. Il ruolo di Arce e del castello di Rocca d’Arce nella conquista di Enrico VI di Svevia, a cura di F. Delle Donne, Arce 2006

Church of S. Agostino (11-12th century)

La prima notizia di una chiesa intitolata a S. Eleuterio risale al 1564, anno in cui il Vescovo di Aquino intese istituire un Seminario in osservanza alle direttive emanate dal Concilio di Trento. In tale circostanza la chiesa di S.Eleuterio non fu tassata perché in costruzione. Probabilmente i lavori terminarono nel 1582, data tutt’oggi visibile sulla facciata dell’edificio sacro, incisa su un blocco lapideo della parasta di sinistra insieme alle date relative ai successivi interventi di restauro.

Lo storico Pasquale Cayro riferisce di una disputa tra la Parrocchia e l’Università (il Comune di Arce) circa il possesso della chiesa ma durante la visita pastorale del 1603 fu definita grancia della parrocchia e possedimento dell’Università di Arce. L’edificio presenta un impianto a croce latina con un transetto leggermente rialzato rispetto al piano delle tre navate e una copertura a capriate lignee, originariamente a doppia falda. Sulle due pareti del transetto poste di fronte alle navate minori vi sono due ampie edicole che fungono da altare contenenti due dipinti murali: a sinistra vi è raffigurata una Madonna del Carmine con Santi risalente al XVII secolo, a destra San Rocco di epoca posteriore.

Attraverso un alto arco a tutto sesto si accede al presbiterio sul cui pavimento v’è un vano a fossa coperto da una grata, entro il quale era posta l’urna che raccoglieva i resti mortali del Santo Protettore. Il presbiterio, sovrastato da una volta a crociera, conserva sulla parete absidale un’edicola centrale, entro la quale sono ancora visibili i resti di un affresco di epoca medievale: una Madonna, di cui è riconoscibile l’aureola, con Bambino. In epoca più tarda in detta cavità vi è stata posta la più antica effige del Santo Patrono: un dipinto ad olio su tela, risalente alla seconda metà del ‘500, opera del pittore Marco Mazzaroppi. Ai lati del dipinto sono presenti due affreschi: a sinistra è raffigurato S.Antonio Abate databile al tardo XV secolo, a destra S. Francesco eseguito nella seconda metà del XVI secolo. Accostati alle pareti vi sono elementi architettonici lapidei ed epigrafi funerarie di epoca romana rinvenuti nelle vicinanze della chiesa. Da questo ambiente v’è l’accesso alla canonica, sovrastato da un arco cinquecentesco e l’accesso all’attigua sagrestia. Questo vano, coperto da una volta a crociera di gusto tardo gotico, presenta nervature poggianti su piccoli pulvini in pietra. Su una parete sono visibili i resti di un dipinto murale rappresentante la Crocifissione, databile alla seconda metà del XVII secolo; l’immagine è delimitata in alto dalla curva di una delle quattro vele della volta. Oltre alla statua ottocentesca del Santo Patrono Eleuterio, la chiesa conserva un’effige lignea della Vergine Immacolata, riconducibile all’ambito artistico napoletano del ‘700.

Nei secoli la costruzione ha subito diversi rimaneggiamenti a seguito dei quali ha perso l’aspetto originario. Probabilmente anche il campanile è stato oggetto di rifacimenti: la struttura attuale, risalente al 1671, ospita una campana fusa nel 1589. Sulla parete esterna rivolta a sud-est due lapidi ricordano l’intercessione del Santo nei confronti del popolo arcese.

La presenza degli affreschi dell’abside e di elementi architettonici di epoca medievale denota che l’edificio costituisce la trasformazione di una chiesa più antica: verosimilmente l’ecclesia S. Mariae de Campolato. Quest’ultima, già esistente agli inizi del ‘300, era posta dirimpetto a un’altra chiesa detta S. Iohannis de Campolato.

Nel 1784 il corpo del Patrono fu trasferito nella nuova chiesa parrocchiale nella quale per l’occasione fu eretto un altare dedicato al Santo sotto il patronato del Duca Buoncompagni.

Fonti bibliografiche

R. Cannatà, Pittura nel frusinate nell’età della Controriforma: l’opera di Marco Mazzaroppi, in Baronio e l’arte, (Atti del convegno di studi), Sora 1984

P. Cayro, Storia sacra e profana d’Aquino e sua diocesi, libro I, Napoli 1808 (ristampa anastatica, Pontecorvo 1981)

F. Corradini, …di Arce in Terra di Lavoro, Arce 2004

F. Corradini, G. Lützenkirchen, G. Violetta, S. Eleuterio nella tradizione arcese, in Il culto dei santi nel Lazio meridionale tra storia e tradizioni popolari, Anagni 1996

R. Fraioli, Memorie di un paese. Le immagini di Arce nella “filigrana” della storia, Montecassino 2005

G.G. Grossi, Lettere istoriche-epigrafiche e scientifiche illustrative delle antiche città de’ Volsci indi Lazio nuovo, vol.II, Napoli 1816

Suavis terra, inexpugnabile castrum. L’alta Terra di Lavoro dal dominio svevo alla conquista angioina, a cura di F. Delle Donne, Arce 2007

V. Tavernese, Storia e leggenda di un santo e del suo santuario, Isola del Liri 1979

G.A. Violetta, Sant’Eleuterio. Storia, fede e leggenda, Arce 2021

Église de S. Agostinoű (XI-XIIe siècle)

Arce, place S.Agostino

L’église était initialement désignée comme S. Maria del Stincone et se trouvait à proximité du croisement de deux tracés routiers: l’une d’elles, de vallée, s’est implosée le long de la côte (le “stincone”) de la colline et a atteint l’agglomération de Rocca d’Arce, l’autre dénommé “des Vicennes” avait une direction est-ouest. Reprise sur le territoire de Rocca d’Arce, présente une façade à hutte qui, en direction du sud, marque la frontière entre cette commune et la commune d’Arce. L’ancien bâtiment (XI-XIIe siècle) était probablement le lieu de culte d’un village situé à proximité immédiate et qui est le résultat de l’Arcis altomediaevale, né d’une colonie d’époque romaine. Malgré le déplacement progressif de la communauté vers les lieux de haute sécurité, l’église a été pendant des siècles paroissiale de Rocca d’Arce. La première nouvelle remonte à 1343, lorsque la Reine Giovanna I de Naples l’a accordée à ce Riccardo Bartolomej. En 1454, le gouverneur Isidoro Vasquez a été enterré et en 1533, le château Bartolomeo y Alarcon. L’église a été pillée par les troupes françaises en 1799 et après un long décrochage, elle n’a été restaurée et rouverte au culte qu’en 1928. La structure architecturale est résolue en un seul volume et un seul environnement intérieur. La façade présente des éléments constructifs d’une époque romaine, dans laquelle la réutilisation de blocs lapidés compacts, équarris et mis en oeuvre sur des cours horizontaux et parallèles s’élève jusqu’à la base du tympan; ce dernier, réalisé avec des horizons de pierres rustiques, présente une fenêtre ronde ayant la fonction de lucernaire. Le portail d’entrée voit l’utilisation d’un bloc monolithique de pierre à titre d’archivage, et est surmonté d’une lunette ayant pour fonction d’”adoucir” la stricte linéarité des horizons de la façade. La construction était équipée d’un port à destination de la cabane pour couvrir l’espace du sacré.  Les parois latérales en pierre rustique présentent respectivement trois monoformes et une porte. La maison canonique et le clocher sont situés à l’arrière du bâtiment. L’intérieur de l’église est résolu dans une seule salle où la surface, structurée en plans progressifs, est déterminée en fonction du déclivité du terrain. La couverture à chevreuils est double. Depuis l’entrée principale, certaines marches atteignent le plan de la navette: d’ici, d’autres marches conduisent à l’étage supérieur du presbytère, qui présente deux kiosques traitées parce qu’elles sont dérivées des parois latérales de l’église. Ces compartiments sont recouverts dans la partie supérieure d’un arc à six en pierre calcaire, avec un profil agglutinant et reposant sur des consoles; derrière de petits bars, les kiosques avaient pour fonction d’héberger une état ou une représentation sacrée. Le presbytère est dominé par la quantité d’une kiosque placée au centre et à l’intérieur de laquelle se trouve le tabernacle. La structure, en pierre rustique, présente des profils simples et une ouverture frontale à arc à tout texte reposant sur des pédales saillantes. L’intérieur à la tondeuse présente sur la paroi de fond une peinture à froid qui montre la Croisfission avec Maria Maddalena et S. Antonio Abate remontant au XVe siècle, entouré d’un cadre décoratif en stuc de goût renaçant. Il est probable que cette petite construction, placée sur un tracé routier pédémontain, était préexistante à l’église et, par la suite, intégrée à l’église. L’espace presbitérien derrière cette petite chapelle est placé à un niveau élevé et présente deux kiosques dérivées dans la paroi de fond de l’église. Ces structures sont recouvertes au-dessus d’un arc à sixième aigu en pierre calcaire, avec un gabarit agglutinant et reposant sur des consoles. Le kiosque à gauche enferme une fresque du XVIe siècle qui montre l’effigie d’une Madone dans le trône, avec Enfant et Santi. Une autre structure similaire est présente sur la paroi en aval, à droite de l’entrée principale, et comporte une peinture murale à fendre, portant la mention: un champion de fond à des statues ou des images sacrées.